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Il Santo del giorno

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Messaggio  Elio Lun Mar 19, 2012 12:01 am

San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria
19 marzo



Il nome Giuseppe è di origine ebraica e sta a significare “Dio aggiunga”, estensivamente si può dire “aggiunto in famiglia”. Può essere che l’inizio sia avvenuto col nome del figlio di Giacobbe e Rachele, venduto per gelosia come schiavo dai fratelli. Ma è sicuramente dal padre putativo, cioè ritenuto tale, di Gesù e considerato anche come l’ultimo dei patriarchi, che il nome Giuseppe andò diventando nel tempo sempre più popolare. In Oriente dal IV secolo e in Occidente poco prima dell’XI secolo, vale a dire da quando il suo culto cominciava a diffondersi tra i cristiani. Non vi è dubbio tuttavia che la fama di quel nome si rafforzò in Europa dopo che nell’Ottocento e nel Novecento molti personaggi della storia e della cultura lo portarono laicamente, nel bene e nel male: da Francesco Giuseppe d’Asburgo a Garibaldi, da Verdi a Stalin, da Garibaldi ad Ungaretti e molti altri ancora.
San Giuseppe fu lo sposo di Maria, il capo della “sacra famiglia” nella quale nacque, misteriosamente per opera dello Spirito Santo, Gesù figlio del Dio Padre. E orientando la propria vita sulla lieve traccia di alcuni sogni, dominati dagli angeli che recavano i messaggi del Signore, diventò una luce dell’esemplare paternità. Certamente non fu un assente. È vero, fu molto silenzioso, ma fino ai trent’anni della vita del Messia, fu sempre accanto al figliolo con fede, obbedienza e disponibilità ad accettare i piani di Dio. Cominciò a scaldarlo nella povera culla della stalla, lo mise in salvo in Egitto quando fu necessario, si preoccupò nel cercarlo allorché dodicenne era “sparito’’ nel tempio, lo ebbe con sé nel lavoro di falegname, lo aiutò con Maria a crescere “in sapienza, età e grazia”. Lasciò probabilmente Gesù poco prima che “il Figlio dell’uomo” iniziasse la vita pubblica, spirando serenamente tra le sue braccia. Non a caso quel padre da secoli viene venerato anche quale patrono della buona morte.
Giuseppe era, come Maria, discendente della casa di Davide e di stirpe regale, una nobiltà nominale, perché la vita lo costrinse a fare l’artigiano del paese, a darsi da fare nell’accurata lavorazione del legno. Strumenti di lavoro per contadini e pastori nonché umili mobili ed oggetti casalinghi per le povere abitazioni della Galilea uscirono dalla sua bottega, tutti costruiti dall’abilità di quelle mani ruvide e callose.
Di lui non si sanno molte cose sicure, non più di quello che canonicamente hanno riferito gli evangelisti Matteo e Luca. Intorno alla sua figura si sbizzarrirono invece i cosiddetti vangeli apocrifi. Da molte loro leggendarie notizie presero però le distanze personalità autorevoli quali San Girolamo (347 ca.-420), Sant’Agostino (354-430) e San Tommaso d’Aquino (1225-1274). Vale la pena di riportare soltanto una leggenda che circolò intorno al suo matrimonio con Maria. In quella occasione vi sarebbe stata una gara tra gli aspiranti alla mano della giovane. Quella gara sarebbe stata vinta da Giuseppe, in quanto il bastone secco che lo rappresentava, come da regolamento, sarebbe improvvisamente e prodigiosamente fiorito. Si voleva ovviamente con ciò significare come dal ceppo inaridito del Vecchio Testamento fosse rifiorita la grazia della Redenzione.
San Giuseppe non è solamente il patrono dei padri di famiglia come “sublime modello di vigilanza e provvidenza” nonché della Chiesa universale, con festa solenne il 19 marzo. Egli è oggi anche molto festeggiato in campo liturgico e sociale il 1° maggio quale patrono degli artigiani e degli operai, così proclamato da papa Pio XII. Papa Giovanni XXIII gli affidò addirittura il Concilio Vaticano II. Vuole tuttavia la tradizione che egli sia protettore in maniera specifica di falegnami, di ebanisti e di carpentieri, ma anche di pionieri, dei senzatetto, dei Monti di Pietà e relativi prestiti su pegno. Viene addirittura pregato, forse più in passato che oggi, contro le tentazioni carnali.
Che il culto di San Giuseppe abbia raggiunto in passato vette di popolarità lo dimostrano anche le dichiarazioni di moltissime chiese relative alla presenza di sue reliquie. Per fare qualche esempio particolarmente significativo: nella chiesa di Notre-Dame di Parigi ci sarebbero gli anelli di fidanzamento, il suo e quello di Maria; Perugia possiederebbe il suo anello nuziale; nella chiesa parigina dei Foglianti si troverebbero i frammenti di una sua cintura. Ancora: ad Aquisgrana si espongono le fasce o calzari che avrebbero avvolto le sue gambe e i camaldolesi della chiesa di S. Maria degli Angeli in Firenze dichiarano di essere in possesso del suo bastone. È sicuramente un bel “aggiunto” di fede.
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Messaggio  Elio Mar Mar 20, 2012 1:09 am

SANTO DEL GIORNO 20 MARZO
S. Giovanni Nepomuceno
Difendere il segreto di Dio, a cura di Antonio Maria Sicari
Fino a qualche decennio fa, s. Giovanni Nepomuceno (vissuto nella seconda metà del sec. XIV), nonostante la distanza spazio-temporale che ci separa da lui e la difficoltà del nome, era molto noto tra la nostra gente.
La sua storia, infatti, era sempre raccontata ai cristiani, durante la catechesi, quando si trattava di spiegare fino a che punto fosse inviolabile il segreto della confessione. Si raccontava, dunque, la vicenda di questo sacerdote di Praga che (dopo essersi laureato in teologia e diritto a Padova!) era stato chiamato ad esercitare il suo ministero alla corte del re Venceslao IV di Boemia. Costui, oltre a essere corrotto, era anche geloso della regina, Giovanna di Baviera, ed era ossessionato dal sospetto che anche lei lo tradisse.
Così, dopo averla a lungo tormentata con i suoi sospetti, finì per rivolgersi al confessore intimandogli di rivelargli i peccati che la regina gli aveva confidato e l’eventuale nome dei suoi amanti. Ma ne ebbe solo un inflessibile silenzio. Anche sotto tortura il prete restò irremovibile. Irritato, il re ordinò allora che a Giovanni di Nepomuck fosse tagliata la lingua e che lo gettassero vivo, di notte, nelle acque gelate del fiume Moldava. E si narra che, il mattino dopo, il cadavere ancora galleggiava, tutto avvolto di luce. S. Giovanni Nepomuceno è, dunque, venerato come “martire del sigillo sacramentale”. Ancora oggi, a Praga, sul Ponte Carlo cha attraversa il fiume, tra il sesto e il settimo pilastro, si vede tracciata una croce a ricordo del suo martirio. Anche in Italia sono molto numerose le chiese a lui dedicate e le sue statue poste in prossimità dei ponti. Particolarmente diffusa è la sua devozione a Venezia, e una sua statua è presente anche sul Canal Grande.
È invocato come patrono dei confessori.
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Messaggio  Elio Mer Mar 21, 2012 12:14 am

SANTO DEL 21 MARZO
S. Nicola di Flue
È molto amato dagli svizzeri, suoi connazionali (che lo chiamano familiarmente “fratello Klaus”), sia per la santità della vita che per l’amore forte che egli ebbe per la sua patria.
Nacque nel 1417 a Flueli nel cantone di Obwalden. Pur sentendo un’indomabile inclinazione alla vita eremitica, si sposò ed ebbe dieci figli. Non disdegnò la vita militare: a 23 anni, era già capitano nell’esercito della Confederazione Svizzera e si racconta che combattesse con la spada in una mano e il rosario nell’altra, sempre pronto a proteggere gli inermi. Poi accettò vari incarichi anche politici: fu eletto podestà di Sachseln, poi consigliere, giudice cantonale e deputato alla Dieta. Solo dopo i cinquant’anni ottenne dalla moglie il permesso di ritirarsi a vita solitaria.
Passava la vita in preghiera e in lunghi digiuni. Secondo testimonianze giurate, pare che Nicola per vent’anni si sia nutrito soltanto dell’Eucaristia che riceveva una volta al mese. Incuriositi, i vicini lo controllavano a vista per vedere se digiunasse davvero come si raccontava. Si nascose allora in un burrone, da cui usciva soltanto per recarsi a Messa. Ne uscì anche nel 1473, quando l’Austria minacciava l’indipendenza della Svizzera, e nel 1481 quando ci fu il rischio che scoppiasse una guerra civile tra i Cantoni.
Il suo prestigio e la sua saggezza salvarono la nazione, tanto che gli fu riconosciuto il titolo di “Padre della Patria". Bella e molto nota è questa sua preghiera: “O mio Signore e mio Dio, allontana da me tutto ciò che mi allontana da te. O mio Signore e mio Dio, elargiscimi tutto ciò che mi porta più vicino a te. O mio Signore e mio Dio, liberami da me stesso e concedimi di possedere soltanto te”.
Morì il giorno in cui compiva settant’anni e la sua tomba è ancora oggi meta di pellegrinaggi.
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Messaggio  Elio Gio Mar 22, 2012 1:05 am

SANTO DEL 22 MARZO
B. Clemente Augusto Von Galen

Il "Leone di Münster", a cura di Antonio Maria Sicari

Apparteneva a una famiglia nobiliare tedesca ed era stato eletto Vescovo di Münster, proprio nel 1933, quando Hitler saliva al potere. Subito pubblicò una Lettera Pastorale per smascherare il paganesimo dell’ideologia nazista, definendola: «una nuova nefasta dottrina totalitaria che pone la razza al di sopra della moralità, pone il sangue al di sopra della legge [...] e mira a distruggere le fondamenta del cristianesimo». E aggiungeva: «Questo attacco anticristiano che stiamo sperimentando ai nostri giorni supera, in quanto a violenza distruttrice, tutti gli altri di cui abbiamo conoscenza dai tempi più lontani».

Negli anni successivi le pubbliche denuncie, dal pulpito della Cattedrale, si susseguirono senza sosta. Le sue Omelie, contro ogni violazione dei diritti umani (soprattutto contro il progetto nazista di eliminare le vite definite “improduttive e senza valore”) venivano diffuse clandestinamente in tutta la Germania a rischio della vita, e risuonavano nel mondo intero.

Nel 1942, in piena guerra, il New York Times definiva il vescovo von Galen «l’oppositore più ostinato del programma nazionalsocialista anticristiano». Alcuni gerarchi nazisti avrebbero voluto farlo impiccare, ma si oppose Goebbels perché temeva di “perdere il sostegno di tutta la Westfalia”. Decisero perciò di saldargli il conto a guerra finita. Per ritorsione vennero però deportati centinaia di fedeli, 24 sacerdoti e 18 religiosi, molti dei quali morirono martiri.

Quando, nel 1946, Pio XII conferì a von Galen la porpora cardinalizia, i giornali definirono il nuovo Cardinale “il Leone di Münster”. Tornato in patria, fu accolto da un’immensa folla entusiasta. Ma gli restavano da vivere soltanto pochi giorni.

È stato beatificato in San Pietro il 9 ottobre 2005, da papa Benedetto XVI.
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Messaggio  Elio Gio Mar 22, 2012 11:46 pm

SANTO DEL 23 MARZO
S. Turibio De Mongrovejo

Vero Padre e Pastore, a cura di Antonio Maria Sicari

Filippo II di Spagna, detto “il Re cattolicissimo”, non poteva restare indifferente davanti alle notizie che gli giungevano dal “nuovo mondo”: gli indios venivano schiavizzati e i "conquistadores", avidi di denaro e di piaceri, si comportavano “come lupi rabbiosi tra agnelli mansueti”. Per porre rimedio a tanto male, capì che non bastavano gli editti imperiali, ma occorrevano “uomini nuovi”. Così ottenne dal papa che un giurista dell’università di Salamanca, Turibio de Mogrovejo, (un laico!) fosse nominato e consacrato vescovo di Ciudad de Los Reyes (l’attuale Lima), una diocesi che allora si estendeva per centinaia di migliaia di chilometri.

In quelle terre Turibio giunse nel 1581, a quarantatré anni d’età, come un vero padre e pastore: aveva imparato l’antica lingua locale, il quechua, per poter parlare anche ai più poveri e cominciò a viaggiare ininterrottamente per raggiungere e conoscere tutti i suoi fedeli. Convocò un Concilio Generale per l’America Latina, organizzò otto diocesi, aprì il primo seminario del continente americano, e fece pubblicare catechismi e libri di preghiere nelle lingue locali. Da tutti esigeva che gli indios venissero rispettati nella loro dignità, nei loro averi, nei loro costumi e nelle loro credenze. Era sempre tra loro, mentre non lo si vedeva quasi mai nei palazzi dei potenti.

Fu definito «instancabile messaggero d'amore». Nel 1594 poteva scrivere a Filippo II d’aver già amministrato la Cresima a circa sessantamila fedeli. E non sapeva che tra di essi c’erano tre futuri santi: Rosa da Lima, Martino de Porres e Francesco Solano. Morì nel Giovedì Santo del 1606, in una cappellina india nel nord del Paese, durante uno dei suoi interminabili viaggi.

È patrono dei vescovi sudamericani.
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Messaggio  Elio Ven Mar 23, 2012 11:58 pm

24 MARZO 2012
S. Caterina di Svezia
È figlia di santa Brigida di Svezia, la grande mistica che Giovanni Paolo II ha nominato compatrona d’Europa, per l’influsso che ebbe sull’intero continente con i suoi pellegrinaggi, con le sue visioni, con le sue preghiere, con i suoi miracoli e col suo lungo soggiorno nella città di Roma.
Caterina, che si era sposata giovanissima, rimase vedova a diciannove anni, mentre si trovava a Roma per il Giubileo del 1350, in visita presso la madre. Decise allora di restare con lei e di aiutarla nella sua missione di ridare dignità alla città di Roma, abbandonata dai papi e in preda al degrado e alla violenza. La accompagnò anche nel suo celebre pellegrinaggio a Gerusalemme.
All’intercessione di Caterina la leggenda attribuisce la salvezza di Roma da una piena del Tevere che aveva già rotto gli argini: episodio raffigurato in un dipinto della cappella a lei dedicata, nella “casa di s. Brigida” in piazza Farnese. Nel 1375, alla morte della mamma Caterina (con un viaggio avventuroso) ne riportò in patria il corpo facendolo tumulare nell’abbazia di Vadstena, e vi prese il velo monastico. Ma ritornò subito a Roma, per altri cinque anni, per seguire la causa di beatificazione di Brigida. Ebbe così l’occasione di incontrasi con s. Caterina da Siena e di lavorare con lei in difesa del pontefice Urbano VIII, al tempo del grande scisma.
Tornata a Vadstena nel 1380, vi fu eletta abbadessa, ma vi morì l’anno successivo, lasciando il ricordo di una grande virtù. Non è stata mai canonizzata ufficialmente, ma è sempre stata considerata santa dalla unanime devozione popolare.
La sua protezione è invocata contro gli aborti spontanei.
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Messaggio  Elio Dom Mar 25, 2012 11:18 am

Morire a se stessi moltiplica la vita
V Domenica di Quaresima
In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c'erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: «Signore, vogliamo vedere Gesù». Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: «È venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna (....)».
Vogliamo vedere Gesù. Grande domanda dei cercatori di sempre, domanda che sento mia. La risposta di Gesù dona occhi profondi: se volete capire me, guardate il chicco di grano; se volete vedermi, guardate la croce. Il chicco di grano e la croce, due immagini come sintesi ardente dell'evento Gesù.
Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Una frase difficile e anche pericolosa se capita male, perché può legittimare una visione doloristica e infelice della religione.
Un verbo balza subito in evidenza per la sua presa emotiva: morire, non morire. Ipotesi o necessità, pare oscurare tutto il resto, mentre invece è l'inganno di una lettura superficiale. L'azione principale, lo scopo verso cui tutto converge, il verbo che regge l'intera costruzione è «produrre»: il chicco produce molto frutto.
L'accento non è sulla morte, ma sulla vita. Gloria di Dio non è il morire, ma il molto frutto buono.
Osserviamo un granello di frumento, un qualsiasi seme: nessun segno di vita, un guscio spento e inerte, che in realtà è un forziere, un piccolo vulcano di vita. Caduto in terra, il seme muore alla sua forma ma rinasce in forma di germe, non uno che si sacrifica per l'altro - seme e germe non sono due cose diverse, sono la stessa cosa - ma tutto trasformato in più vita: la gemma si muta in fiore, il fiore in frutto, il frutto in seme. Nel ciclo vitale come in quello spirituale «la vita non è tolta ma trasformata» (Liturgia dei defunti), non perdita ma espansione.
Ogni uomo e donna sono chicco di grano, seminato nei solchi della storia, della famiglia, dell'ambiente di lavoro e chiamato al molto frutto. Se sei generoso di te, di tempo cuore intelligenza; se ti dedichi, come un atleta, uno scienziato o un innamorato al tuo scopo, allora produci molto frutto. Se sei generoso, non perdi ma moltiplichi la vita.
La seconda icona è la croce, l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. «Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce» (Karl Rahner). Dio entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Ma dalla morte risorge come un germe di vita indistruttibile, e ci trascina fuori, in alto, con sé.
Gesù è così: un chicco di grano, che si consuma e fiorisce; una croce, dove già respira la risurrezione. Io sono cristiano per attrazione: attirerò tutti a me. E la mia fede è contemplazione del volto del Dio crocifisso.
«La Croce non ci fu data per capirla ma perché ci aggrappassimo ad essa» (Bonhoeffer): attratto da qualcosa che non capisco ma che mi seduce, mi aggrappo alla sua Croce, cammino dietro a Cristo, morente in eterno, in eterno risorgente.


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Messaggio  Elio Dom Mar 25, 2012 11:09 pm

SANTO DEL 26 MARZO
SANT'EMANUELE
La memoria di Sant’Emanuele appare nel Martirolgio Romano, ma di questo martire, associato sempre a San Teodosio e San Quadrato, se ne parla già nei Sinassari bizantini dei primi secoli del Cristianesimo. Uno dei Sinassari in questione racconta che Emanuele e Teodosio si presentarono spontaneamente alle autorità, per autoproclamarsi cristiani, spinti dalle gesta coraggiose di tanti martiri, specialmente del Vescovo Quadrato, appena giustiziato. Emanuele e Teodosio sapevano cosa li aspettava, ma l’importante era dimostrare la loro fede; fu anche grazie al coraggio e al sangue di uomini come questi, che il Cristianesimo ha superato indenne due millenni di storia. All’epoca la morte era una pena troppo lieve, quindi Emanuele e Teodosio, così come Quadrato prima di loro, furono torturati a lungo ed infine decapitati. Questa vicenda si svolse in Anatolia, nell’attuale Turchia alla fine del III secolo, durante una delle numerose persecuzioni ...... romane contro i seguaci di Cristo.
Emanuele deriva dall’ebraico Immanuel e significa “Dio è con noi”; con questo nome Isaia chiama il futuro Messia e per questo fu usato come appellativo di Gesù.
E’ molto diffuso in Italia e nei paesi di lingua spagnola con le sue varianti.
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Messaggio  Elio Lun Mar 26, 2012 11:02 pm

SANTO DEL 27 MARZO
B. Francesco Faà di Bruno
Nell’Ottocento la città di Torino era riscaldata dalla carità dei suoi santi: vi operavano don Bosco, il Cafasso, il Cottolengo, il Murialdo e altri ancora. Tra essi, un posto di rilievo va al beato Faà di Bruno (1825-1888).
Di famiglia nobiliare, aveva percorso con successo la carriera militare fino al grado di capitano di Stato Maggiore, pluridecorato. Era amico di don Bosco e, a volte, gli serviva messa in divisa, destando l’ammirazione dei ragazzi dell’oratorio. In seguito, recatosi a Parigi per laurearsi in scienze matematiche e fisiche ed in astronomia, vi conobbe Federico Ozanam e si appassionò ai temi della carità sociale.
Tornato a Torino, coniugò appassionatamente l’attività scientifica a quella caritativa. Organizzò una vera “cittadella della solidarietà femminile” per dare sostegno e protezione a donne di servizio, a lavandaie, a ragazze madri e a fanciulle in cerca di lavoro. Per loro formò dei cori femminili parrocchiali; si curò della preparazione di “allieve maestre” e della formazione di apprendiste tipografe e bibliotecarie, o di addette ai “fornelli economici” per garantire pasti caldi ai poveri. Tutte imprese in cui investiva patrimonio ed energie. Contemporaneamente esplicava un’impressionante mole di lavoro scientifico all’università, escogitando anche nuove invenzioni: la sua “formula Bruno”, è usata ancor oggi nei calcoli informatici; ed è sua l’invenzione del barometro differenziale a mercurio.
Pubblicò anche un saggio scientifico sulla teoria delle forme binarie. A 51 anni chiese di essere ordinato prete e ne ottenne il privilegio (data l’età) dallo stesso Pio IX. All’università di Torino – che l’aveva sempre tenuto in disparte, per la sua fede dichiarata – donò, morendo, la propria biblioteca scientifica,“una delle più ricche d’Italia, che aveva raccolto in trentotto anni di studio e di lavoro”.
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Messaggio  Elio Mar Mar 27, 2012 10:59 pm

SANTO DEL 28 MARZO
S. Stefano Harding
È uno dei tre “frati ribelli” (con s. Roberto di Molesme e s. Alberico) ai quali è stata dedicata una bella biografia romanzata. Ad essi risale, sul finire del secolo XI, la fondazione dell’Ordine dei Cistercensi. Avevano vissuto nell’Ordine benedettino cluniacense, ma ne erano usciti per fondare un monastero riformato a Citeaux (in latino Cistercium), a sud di Digione.
Stefano Harding, di origine inglese, fu il terzo abate che tentò in ogni modo di salvare e incrementare quella nuova storia, riuscendovi a fatica, ma quanto bastava per poter accogliere il giovane Bernardo che sarebbe giunto nel 1112, con i suoi trenta compagni, assicurando al nuovo Ordine una vitalità e una diffusione straordinarie in tutta Europa.
Per decisione di Stefano i cistercensi cominciarono a portare un abito bianco come segno distintivo e in onore della Madonna. Diede quindi il via a una vera fioritura di nuove fondazioni, tutte gerarchicamente legate assieme e regolate da una Charta Caritatis da lui composta: si trattava di particolari Statuti che impegnavano tutti i monaci alla più assoluta concordia, alla vita austera e alla pratica del lavoro manuale.
Si dedicò poi alla revisione dei testi liturgici e a riesaminare la traduzione della Sacra Scrittura, allora in uso. Scrisse anche la prima storia del nuovo Ordine legandola, con forte idealità, all’esperienza di s. Benedetto da Norcia, riscoperta nella sua purezza originale. Alla morte di Stefano Harding, l’Ordine cistercense poteva contare su circa settanta monasteri, tutti costruiti con estrema sobrietà e senza ornamenti artistici.
La bellezza dei monasteri era tutta affidata alla bellezza dei luoghi scelti per costruirli, e all’abbondanza di acque di cui si poteva disporre.
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Messaggio  Elio Gio Mar 29, 2012 11:41 pm

SANTO DEL 30 MARZO
S. Leonardo Murialdo
Nacque nel 1828 a Torino, città che amò appassionatamente proprio per il fervore di santità e di opere sociali che vi si poteva respirare.
Ordinato sacerdote nel 1851, non c’è opera di carità alla quale non si sia interessato, anche collaborando a iniziative altrui. Già nel 1857 aveva accettato di guidare uno degli oratori di s. Giovanni Bosco. Nel 1866 accettò la direzione del collegio Artigianelli, che manterrà per circa trentaquattro anni.
Nel 1867 fondò la Confraternita laicale di San Giuseppe per aiutare i ragazzi poveri e abbandonati. Nel 1871 fu la volta dell’Unione Operai Cattolici, per rendere i lavoratori coscienti dei propri diritti e capaci di reciproca solidarietà. Promosse le biblioteche popolari e collaborò all’ideazione de «La voce dell'operaio» (l’attuale: “Voce del popolo”).
Nel 1873 fondò la Pia Società di San Giuseppe che diverrà la sua congregazione (“i Giuseppini del Murialdo”). Realizzò poi: colonie agricole per giovani; un Ufficio di collocamento cattolico (1876); una Casa-famiglia per operai (1878); una Cassa di mutuo soccorso (1879); l'Opera dei catechismi serali per giovani operai (1880); la Lega del lavoro (1899). E giunse fino a presentare alle autorità civili un progetto globale di riforme sociali che prevedeva: l’obbligo scolastico fino ai quattordici anni, l’abolizione del lavoro notturno, il riposo festivo, la giornata lavorativa di otto ore.
Insomma: un’opera sociale immensa, tutta sostenuta da una preghiera intensissima e dalla certezza che l’amore di Dio per ogni creatura è al di là di quanto possiamo pensare e desiderare.
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Messaggio  Elio Ven Mar 30, 2012 11:42 pm

SANTO DEL GIORNO 31 MARZO 2011 SAN BENIAMINO - Si celebra oggi come santo del giorno san Beniamino che fu diacono di Ergol in Persia, e fu tra quei martiri che furono uccisi in Persia durante la lunga persecuzione contro i cristiani, che iniziò sotto il regno di Iezdegerd I e finì con quello del successore Bahram-Gor.
Diversi racconti ci sono giunti che narrano questa crudele ed efferata persecuzione: le diverse versioni non concordano tra di loro e per lo più hanno origine dai sinassari bizantini; anche le notizie riguardanti i nomi dei martiri, la data ed il luogo del martirio sono imprecise e discordanti.
Possiamo comunque dedurre da questi racconti che verso il 420, alcuni cristiani fin troppo zelanti, capeggiati da un sacerdote Hasu, arrivarono ad incendiare ad Ergol (Argul) un pireo, cioè un tempio dedicato al culto del fuoco.
Per questa distruzione venne arrestato il vescovo Abdas, il fratello Papa, i preti Hasu e Isacco, il segretario Ephrem, il suddiacono Papa, i laici Daduq e Durtan; al vescovo Abdas fu ordinato dalle autorità civili di ricostruire il tempio, ma dal momento che egli si rifiutò, furono condannati a morte.
Oltre a quanti precedentemente elencati vengono ricordati insieme come martiri della stessa persecuzione, scaturita dall’episodio dell’incendio del ‘pireo’, anche Ormisda (Manides), Sahin e il diacono di Ergol, Beniamino.
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Messaggio  Elio Sab Mar 31, 2012 11:37 pm

La domenica delle Palme apre la "settimana santa"

La domenica delle Palme apre la "settimana santa". Si potrebbe dire che la liturgia di questa domenica spalanca le porte a Gesù accogliendolo come il Messia. Il "segreto messianico" raccomandato da Lui, all'inizio della sua attività pubblica a quanti erano guariti, era stato successivamente svelato da Pietro sulla strada dei pagani di Cesarea di Filippo. Da oggi è sulla bocca di tutti. Di coloro che lo acclamano nel suo ingresso in Gerusalemme e delle autorità giudaiche, che espressamente gliene chiedono conto, fino al processo, in cui alla formale domanda del sommo sacerdote se egli sia il Messia, Gesù risponde «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». Con questa risposta Gesù firma la sua condanna a morte. Il racconto di Marco (che si legge in questo ciclo B) contrappone a ciò l'acclamazione della folla dei poveri che lo riconoscono "figlio di Davide" e una sorta di testimonianza ironica eppure reale nel motivo della condanna, fatta apporre sulla croce da Pilato e che recita: «Il re dei Giudei», Fino ad arrivare alla testimonianza finale del centurione, che avendolo visto spirare in quel modo, esclama: «Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!». Il racconto essenziale ed intenso ci mostra il Messia che da una parte delude le aspettative di chi lo immaginava glorioso e trionfante, ma dall'altra diventa colui che raccoglie nella sua sorte quella di tutti gli sconfitti della terra: degli oppressi e degli infelici. Di chi ormai non conta nulla né agli occhi degli uomini, né di se stesso, ma, spoglio di tutto, può solo affidarsi, sebbene con l'ultima domanda accorata, a chi sembra non rispondere e tuttavia è il suo ultimo sostegno: «Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?».

PREGHIERA
Oggi, Gesù, sono in mezzo a quella folla di bambini e di poveri
che ti acclama figlio di Davide e portatore di pace,
ripetendo con altre parole ciò che gli angeli cantarono
alla tua nascita qui tra noi sulla terra ...
Ah, Signore, questa stessa terra che ora dovrà
vederti morire in uno dei peggiori tormenti
e come calice sacro raccoglierà
le tue lacrime, il tuo sudore e il tuo sangue ...
Oggi vorrei restare per sempre qui su questa strada
dove ancora mi allietano le speranze di quanti ti acclamano,
mentre Tu sull'asinello degli antichi padri
avanzi regale e benedici la stessa città,
che nel volgere di pochi giorni
ti respingerà, per accogliere solo quell'umanissimo grido
con cui chiamavi dall'abisso tuo Padre.
Lì quel Padre ti accompagnava comunque, per colmarlo fra tre giorni
di irresistibile luce, che come vita riesplose.
Luce che risplendi dalle profondità della terra, riscalda il cuore
di tutti noi, figli degli uomini! Amen! (GM/01/04/12)

Vangelo di Marco (Mc 11,4-11; 15,25-39) - Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: "Perché fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito"».Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».... Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo»... Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano. Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest'uomo era Figlio
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Messaggio  Elio Dom Apr 01, 2012 11:12 pm

Il santo di giovedì 2 aprile: San Francesco di Paola
Nato a Paola, in Calabria, il 27 marzo 1416, la vita di Francesco fu già un miracolo per i genitori che desideravano tanto avere un figlio e che per questo invocarono la benedizione del Santo omonimo d’Assisi. La scelta del suo nome fu infatti dettata da questo.
Proveniente da una famiglia di contadini poveri e austeri, all’età di tredici anni Francesco entra in convento per iniziare due anni dopo la vita dura dell’eremo, che lui stesso desiderava tanto. La fama della sua virtù si diffonde così velocemente che il silenzio e l’intimità della sua preghiera e penitenza vengono rotte da giovani numerosi che accorrono per imitarlo. È con loro che San Francesco di Paola fonda l’Ordine degli Eremiti di San Francesco, detti anche Minimi, per distinguersi dai frati Minori di San Francesco d’Assisi.
Nel 1482 San Francesco viene chiamato in Francia da re Luigi XI, gravemente malato, che gli chiede il miracolo della guarigione. Dopo un categorico rifiuto, il monaco accetta di accompagnarlo nella sofferenza aiutandolo a morire da cristiano.
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Messaggio  Elio Lun Apr 02, 2012 11:04 pm

SANTO DEL 03 APRILE
S. Luigi Scrosoppi

A servizio della Provvidenza, a cura di Antonio Maria Sicari

Nacque a Udine nel 1804, da una famiglia cristiana benestante, in anni pieni di turbamenti sociali e in una regione povera e stremata da guerre ed epidemie. Luigi avrebbe potuto starsene al riparo, anche perché si erano già fatti sacerdoti i suoi due fratelli. Invece, scelse anch’egli di farsi prete.

Gli fu subito affidata la Casa delle Derelitte, dove erano alloggiate ragazze senza famiglia. Il problema più grave era allora quello di garantire loro il nutrimento necessario e, a tale scopo, Don Luigi si fece simile a un “frate cercatore”: percorreva la città con una bisaccia in spalla o spingendo un misero carrettino e chiedeva l’elemosina.

Le umiliazioni non mancavano, ma lui era fiero d’essere “al servizio della Provvidenza”. Gli bastava come ricompensa il grido festoso delle orfanelle che lo accoglievano quando tornava a casa E qualche volta, Luigi arrivava nascondendo tra le pieghe del mantello, “un dono più bello d’ogni altro”: un’altra bambinetta abbandonata, trovata tra i vicoli delle strade. Con gli anni, radunò attorno a sé delle ottime collaboratrici e fondò le Suore della Divina Provvidenza, continuando a dirigerle anche quando scelse (a quarantadue anni) di entrare tra gli oratoriani di S. Filippo Neri.

Fondò dodici case, e le prime suore ci hanno tramandato con stupore il racconto dei miracoli che accadevano ogni volta che la situazione sembrava disperata e P. Luigi era costretto ad “andare a bussare al Tabernacolo” (e lo faceva fisicamente, come un bambino).

Morì nel 1884 ed è stato canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2001. Il miracolo necessario per la sua canonizzazione è stato la guarigione di un ragazzo malato terminale di AIDS. E così San Luigi Scrosoppi è diventato patrono di questi infelici che, al suo tempo, nemmeno esistevano.

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Messaggio  Lux Mar Apr 03, 2012 9:09 am

San Riccardo di Chichester Vescovo


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3 aprile

Wych (Worcester), 1197 – Dover, 3 aprile 1253


Nacque da modesti proprietari terrieri. Fu un uomo di grande carità, pieno di comprensione, e particolarmente sensibile per le sofferenze dei malati e degli anziani. Si battè per il celibato del clero, per l’amministrazione gratuita dei sacramenti e perché la messa fosse celebrata in condizioni dignitose. Si ammalò gravemente a Dover, mentre si adoperava per costruire una chiesa in questa città in onore del suo vecchio maestro Edmondo Rich e poco dopo morì. S. Riccardo è inaspettatamente venerato come patrono dei cocchieri, forse perché quando lavorava nella fattoria paterna guidava carri e cavalli.

Etimologia Riccardo = potente e ricco, dal provenzale

Emblema: Bastone pastorale, Calice

Martirologio Romano: A Cichester in Inghilterra, san Riccardo, vescovo, che, esiliato dal re Enrico III e restituito poi alla sua sede, si dimostrò prodigo nel donare ai poveri.
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Messaggio  Elio Mar Apr 03, 2012 5:19 pm

Finalmente ti sei ricordata della stanza i kimma lux
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Messaggio  Lux Mar Apr 03, 2012 11:14 pm

non me ne sono mai dimenticata!!! è solo che non più tanto tempo e ti ringrazio per aver continuato tu, non l'hai abbandonata
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Messaggio  Elio Mer Apr 04, 2012 12:54 am

Lux ha scritto:non me ne sono mai dimenticata!!! è solo che non più tanto tempo e ti ringrazio per aver continuato tu, non l'hai abbandonata
Non l'ho abbandnata perchè lo sento ma lo faccio principalmente per te amica mia tvb tanto
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Messaggio  Elio Mer Apr 04, 2012 1:02 am

SANTO DEL 04 APRILE
B. Francesco Marto

È il più piccolo dei Pastorelli di Fatima: aveva solo nove anni al tempo delle apparizioni, quando la Madonna aveva chiesto: «Volete offrirvi a Dio in atto di riparazione dei peccati con cui Egli è offeso e la conversione dei peccatori?».

Francesco aveva acconsentito appassionatamente. Tanto più che la Madonna gli aveva promesso di “portarlo presto in cielo”. Gli aveva però raccomandato “di recitare prima molti Rosari”. «O Madonna mia! Di rosari ne dico quanti ne volete!», aveva risposto il bambino. Ma c’era un particolare che lo angustiava e lo faceva osservare spesso a Lucia: «Non hai notato che la Madonna era tanto triste, quando chiedeva che i peccatori non offendessero più Dio che è già molto offeso? Io vorrei tanto consolare Nostro Signore…». Divenne questa la sua passione interiore.

Ripeteva spesso: «Ma che pena che Lui sia così triste! Se io potessi consolarlo!». E così, quando visitatori e inquisitori li infastidivano eccessivamente, Francesco diceva a Lucia: «Lascia perdere!... Non ha detto la Madonna che avremmo dovuto soffrire molto in riparazione a Nostro Signore e al suo Cuore Immacolato per i tanti peccati con cui sono offesi? Loro sono così tristi! Se con queste sofferenze potremo consolarli, dobbiamo essere contenti!».

Fu il primo ad ammalarsi quando nel 1919 scoppiò l’epidemia di “febbre spagnola” che decimò l’Europa. Ma sopportò tutto senza un lamento perché voleva portare fino in fondo il suo compito.

Prima di morire disse a Lucia: «Ormai mi manca poco per andare in cielo. Lassù consolerò molto Nostro Signore e la Madonna. Intanto Giacinta pregherà molto per i peccatori, per il Santo Padre e per te, e tu resterai quaggiù perché la Madonna lo vuole. Senti, fa’ tutto quello che lei ti dirà!». Morì che non aveva ancora compiuto undici anni.
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Ultima modifica di Elio il Gio Apr 05, 2012 8:25 pm - modificato 2 volte.
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Messaggio  Lux Gio Apr 05, 2012 9:18 am

San Vincenzo Ferrer Sacerdote

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5 aprile

Valencia (Spagna), 1350 - Vannes (Bretagna, Francia), 1419


«Da trent'anni il mastro Vincenzo va da una città all'altra, da un paese all'altro attraverso tutta l'Europa, montato su un semplice somarello, in inverno come in estate, il bell'abito dei domenicani lungo fino a terra a coprire i suoi piedi nudi. Come Gesù è seguito da una folla immensa di poveri, di donne, di bambini, di chierici, di contadini, di teologi, di duchi e di duchesse, tutti mescolati» ("Le meraviglie di Dio", Mondadori 2000). Nato a Valencia intorno al 1350, Vincenzo si trovò a vivere al tempo del grande scisma d'Occidente, quando i papi erano 2 e poi addirittura 3. E, suo malgrado, egli si trova al centro della divisione che minaccia il vertice della Chiesa. Ancora giovane domenicano, era stato notato da Pietro de Luna, legato del papa avignonese. Seguendo da vicino il cardinale, si rese però conto che la Chiesa aveva più che mai bisogno del ripristino dell'unità e della riforma morale. Incominciò allora la sua attività di predicazione. Nel 1394 il suo protettore, il cardinale de Luna, divenuto papa con il nome di Benedetto XIII, lo nomina suo confessore, cappellano domestico, penitenziere apostolico. Egli intensifica la sua attività ma nel 1398 si ammala e ha una visione nella quale gli appare il Salvatore accompagnato da san Domenico e san Francesco. Il Signore tocca la guancia del malato e gli ordina di mettersi in viaggio e conquistare molte anime. Vincenzo lascia allora Avignone ed intraprende vere e proprie campagne di predicazione in Spagna, Svizzera e Francia, in cui parla dell'Anticristo e del giudizio finale. Contribuisce così in modo decisivo alla fine dello scisma e al miglioramento dei costumi. Morì a Vannes nel 1419.

Patronato: Costruttori

Etimologia: Vincenzo = vittorioso, dal latino

Emblema
: Globo di fuoco, Stella

Martirologio Romano: San Vincenzo Ferrer, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che, spagnolo di nascita, fu instancabile viaggiatore tra le città e le strade dell’Occidente, sollecito per la pace e l’unità della Chiesa; a innumerevoli popoli predicò il Vangelo della penitenza e l’avvento del Signore, finché a Vannes in Bretagna, in Francia rese lo spirito a Di
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Messaggio  Elio Mar Apr 10, 2012 11:57 pm

SANTO DEL GIORNO 11 APRILE
S. Gemma Galgani

È la prima santa che ha lasciato questo mondo agli inizi del secolo XX, proprio quando il nuovo secolo si apriva con l’orgogliosa persuasione che la Scienza avesse ormai definitivamente sconfitto ogni fede e ogni credenza. R
icordarlo è un dovere, proprio perché si tratta di Santa Gemma Galgani, una ragazza umile, buona e colma di sofferenze, la cui vita è stata letteralmente inondata da doni soprannaturali che ella non cercava, ma che nessuno riusciva a contraddire o a negare. E tuttavia non sono stati i fenomeni straordinari a farla santa, ma la tenerezza con cui Gemma ha saputo soffrire abbracciata a Gesù Crocifisso.
Certo nella sua vita sembra, a volte, abolito il confine che separa questo mondo dall’altro: per Gemma sono normali le visioni di Angeli e Santi, della Vergine Maria e di Gesù Crocifisso, come sono frequenti le apparizioni e le vessazioni diaboliche che la tormentano. Ma l’essenziale è nella sua vocazione di “sposa del Crocifisso”, chiamata a condividere le pene di Gesù, a portarne le stigmate sul corpo, ad esperimentare anche l’abbandono da Lui provato sulla Croce, e a saper restare sempre immersa non nell’amore della sofferenza, ma nella sofferenza dell’amore. A questo dovevano particolarmente servire quelle ore settimanali (dalle ore 20 del Giovedì alle ore 15 del venerdì) in cui Gemma riviveva visibilmente in maniera impressionante le ferite e i dolori della Passione. E attorno a lei, nel quartiere, c’era chi la derideva, chi l’accusava di mentire, chi la rimproverava, chi la spiava per scoprire l’inganno. Ma c’era anche chi la chiamava da sempre, con affetto, “la ragazzina della grazia”.
Morì a venticinque anni, la mattina del Sabato Santo del 1903.
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Messaggio  Lux Mer Apr 11, 2012 12:02 am

Gemma che bel nome!!! purtroppo non conosco nessuno con questo nome.........ma chi lo porta dev'essere una persona speciale è fortunato chi la può avere vicino.
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Messaggio  Elio Mer Apr 11, 2012 12:04 am

Lux ha scritto:Gemma che bel nome!!! purtroppo non conosco nessuno con questo nome.........ma chi lo porta dev'essere una persona speciale è fortunato chi la può avere vicino.
Si hai ragione lux
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Messaggio  Elio Gio Apr 12, 2012 11:15 pm

. Martino Papa
Martino, prete romano di origine umbra – Legato alla corte imperiale di Costantinopoli – fu eletto Papa nell’anno 649.

Celebrare il ricordo di un Pontefice, vissuto quattordici secoli fa, può sembrare una stanca rievocazione. Ma che cosa sarebbe oggi la nostra fede cristiana, se Martino (con l’aiuto del grande Massimo il Confessore) non avesse combattuto fino alla morte per difendere la piena verità sull’Incarnazione del Figlio di Dio? Bisognava allora lottare contro eretici e imperatori che pretendevano difendere la divinità di Cristo a prezzo della sua vera umanità.

Per papa Martino difendere il dogma della vera e totale umanità di Gesù (in base al principio che Cristo “non ha potuto salvare ciò che non ha veramente assunto”) non significò soltanto indire il Sinodo Laternanse per riaffermare solennemente la verità davanti a tutta la Chiesa, ma volle dire anche incorrere nell’ira dell’imperatore Costante II che comandò all’Esarca di Ravenna di pugnalare il Papa, durante la Santa Messa in Santa Maria Maggiore, quando il Pontefice si sarebbe chinato su di lui per dargli l’Eucaristia. L’attentato non riuscì (si raccontava che l’Esarca fosse stato colpito da improvvisa cecità), ma Costante ordinò comunque che il Pontefice fosse condotto prigioniero a Costantinopoli.

Il viaggio in catene durò quindici mesi. La gente accorreva ai porti dove la nave sostava, ma a nessuno fu permesso di visitare il povero Papa. Giunto a Costantinopoli fu lasciato un giorno intero steso sulla pubblica strada ed esposto ai dileggi del popolo. Dopo tre mesi di carcere duro in una gelida prigione, fu processato, degradato e, infine, mandato segretamente a morire in Crimea, nel più spaventoso abbandono.

Morì nel 655, solo ma in compagnia di Gesù.
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